Pierpaolo Pagano è un fotografo anomalo, nel senso che le sue qualità migliori sono focalizzate per una missione alta, quella di costruire delle immagini che possano raccontare la complessità e tutta la semplicità al tempo stesso.

Pierpaolo Pagano è un artista anomalo, fotografa, disegna, dipinge, assembla, con una certa serialità, ma soprattutto sperimenta linguaggi che innescano relazioni continue tra fotografia e pittura. Il suo linguaggio è coerentemente contaminato anche quando il risultato è legato all’utilizzo puro delle tecniche e dei principi della fotografia.

Questo ciclo di immagini che presenta in questa mostra, dal titolo emblematico di 1:1, rappresenta il suo approccio più radicale e fedele al tempo stesso ai principi concettuali del linguaggio fotografico. Le immagini sono una scansione di frammenti di terreno con tracce di oggetti schiacciati dal tempo, non c’è una narrazione, eppure le microstorie emergono come documenti di una investigazione scientifica.

L’antropologo Pagano costruisce una documentazione di queste tracce come un ricercatore con la macchina fotografica che per l’occasione si fa scanner per rivelare, più che la qualità intrinseca dell’oggetto riprodotto, la sua capacità di mimetizzazione, di assorbimento nel terreno stesso, per portare agli atti la loro rivelata, identitaria, materia costituente.

Tutto torna ad essere terra, polvere, e la fisicità di questi oggetti che vengono colti in questo passaggio di sparizione attraverso l’occhio dell’antropologo rimanda ad opere informali e materiche, a certe immagini che fanno parte dei nostri archetipi pittorici come i particolari di quadri bruciati di Burri, oppure pezzi delle tele materiche di Anselm Kiefer.

Il punto di vista zenitale garantisce una certa scientificità del processo, ed è questa disciplina personale di Pagano che ci rimanda alla fotografia scientifica mentre l’occhio del fotografo invece costruisce immagini componendo e citando la casualità e gli incidenti.

Questi calchi del terreno non hanno bisogno di tridimensionalità, la macchina di Pagano si muove come l’occhio di un satellite sulla superficie del pianeta Terra inviando alla base le immagini a campionatura della crosta terrestre.

L.P. (Luca Pancrazzi)