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uno a uno |
Una campionatura di piccoli oggetti tornati
quasi solo "materia" come quella della pittura informale,
una ricerca minimalista posando lo sguardo a terra.
L'attenzione a restituire un'esatta dimensione e un unico
punto di vista, quello zenitale, distribuita nell'uso di tre
formati di ripresa. un esercizio ad exempla che allude anche ad
altre tecniche, sia a quelle dell'off camera come il
fotogramma, sia ad altre grafiche e pittoriche come il frottage e
le impronte per contatto diretto.
Pierpaolo Pagano, Firenze, 2015
Pierpaolo Pagano un fotografo anomalo, nel senso
che le sue qualità migliori sono focalizzate per una
missione alta, quella di costruire delle immagini che possano
raccontare la complessità e tutta la semplicità al
tempo stesso.Pierpaolo Pagano un artista anomalo, fotografa,
disegna, dipinge, assembla, con una certa serialità, ma
soprattutto sperimenta linguaggi che innescano relazioni continue
tra fotografia e pittura. Il suo linguaggio coerentemente
contaminato anche quando il risultato legato all'utilizzo puro
delle tecniche e dei principi della fotografia. Questo ciclo di
immagini che presenta in questa mostra, dal titolo emblematico di
1:1, rappresenta il suo approccio pi radicale e fedele al tempo
stesso ai principi concettuali del linguaggio fotografico. Le
immagini sono una scansione di frammenti di terreno con tracce di
oggetti schiacciati dal tempo, non con una narrazione, eppure le
microstorie emergono come documenti di una investigazione
scientifica.L'antropologo Pagano costruisce una documentazione
di queste tracce come un ricercatore con la macchina fotografica
che per l'occasione si fa scanner per rivelare, più che
la qualità intrinseca dell'oggetto riprodotto, la sua
capacità di mimetizzazione, di assorbimento nel terreno
stesso, per portare agli atti la loro rivelata, identitaria,
materia costituente. Tutto torna ad essere terra, polvere, e la
fisicità di questi oggetti che vengono colti in questo
passaggio di sparizione attraverso l'occhio
dell'antropologo rimanda ad opere informali e materiche, a
certe immagini che fanno parte dei nostri archetipi pittorici come
i particolari di quadri bruciati di Burri, oppure pezzi delle tele
materiche di Anselm Kiefer. Il punto di vista zenitale garantisce
una certa scientificità del processo, ed questa disciplina
personale di Pagano che ci rimanda alla fotografia scientifica
mentre l'occhio del fotografo invece costruisce immagini
componendo e citando la casualità e gli incidenti. Questi
calchi del terreno non hanno bisogno di tridimensionalità,
la macchina di Pagano si muove come l'occhio di un satellite
sulla superficie del pianeta Terra inviando alla base le immagini a
campionatura della crosta terrestre.
Luca Pancrazzi, Milano, 2015